martedì 23 febbraio 2010
Coccia - Le cuffiette più care della storia (come fottei il Suddeutsche Zeitung)
Accadde così che le stesse cose tornarono. Nella tranquilla località di Tubinga mi sono fatto offrire cappuccino gratis dalla Gaulouis, e se avessi voluto un parimenti costo zero taglio di capelli entro furgoncino blu; ho ricevuto un vangelo in omaggio su cui esercito talvolta il mio raccogliticcio alemanno. Ma un giorno mi fotterono. Mi trovavo a mensa, erano i primi mesi, e avevo bisogno di un paio di cuffiette. Pensavo che l’isolamento musicale, in biblioteca quanto a casa avrebbe potuto migliorare le mie stressate prestazioni di studio. Virag, un nome che è tutto un programma – in ungherese vuol dire fiore, per la mitologia greca a noi forse più familiare, donna guerriero – era entrambe – mi prese di peso – per farlo occorre proprio una Virago, non c’è che dire – per porre alla mia attenzione che quelli del Suddeutsche Zeitung stavano banchettando allegramente con frutta e lupini – senza, in verità, ma ci stava bene – offrendo quotidiani ai viandanti. Il Suddeutsche Zeitung, letteralmente, quotidiano della Germania del Sud, ben oltre l’essere il corriere di qualche angolo crucco terrone, è in verità l’organo di stampa principale di Monaco di Baviera della regione di Tubinga e molto di più. Ha una vocazione internazionale e un’ottima strategia imprenditoriale. Preso dalla foga di Virag – avreste dovuto conoscerla, tanto era intraprendente e volitiva quanto splendida – faceva quasi paura questo cocktail – anzi, lo faceva decisamente – preso dal desiderio delle cuffiette firmammo un fatale cedolino che sanciva due settimane gratis di Suddeutsche Zeitung a casa e gadget in omaggio (cuffiette!!!)
Non lessi mai quei giornali. Ogni tanto li vedevo arrivare, ma non erano mai nella mia cassetta. Il tempo passava. Arrivò una lettera dal SUDDEUTSCHE ZEUTUNG, ma era in tedesco e decisi che non mi interessava. Riarrivò. Triarrivò. Iniziai a capire. Scadute due settimana di prova, il SUDDEUTSCHE ZEUTUNG aveva deciso di insediarsi nella mia abitazione desiderando tre mesi di pagamento pari a oltre cento euro. Per un giornale che non avevo mai letto. Le cuffiette più care della storia! Ignorai la faccenda. Per un po’ pensai di fare finta di nulla, pensavo che nell’arco di pochi mesi sarei tornato in Italia e chi si è visto si è visto. Poi mi venne l’atroce sospetto che avessero anche il mio indirizzo italiano. Se i miei lo avessero saputo, si sarebbero ulteriormente sentiti legittimati nel loro sport preferito: trattarmi come un bambino distratto. Affinché non lo sapessero, bastava usare il cedolino, che il SUDDEUTSCHE ZEUTUNG con solerzia apponeva a ogni lettera. Chiesi consiglio a Daniel, il mio coinquilino. Si fece carico della faccenda con affetto e prontezza, scandagliando la lettera e il sito. Ma fu tedescamente lapidario: du musst zahlen, DEVI PAGARE. Partire è un po’ morire, ma anche pagare non scherza. Non mi diedi per vinto. Incontrai una mia amica genovese anche lei qui a Tubinga, e le chiesi cose era meglio fare secondo lei. Aveva una certa esperienza su questo genere di cose. Mentre Nathan mi suggerì di attivarmi, prima che anziché qualcosa dal SUDDEUTSCHE ZEUTUNG iniziassi a ricevere qualcuno dal SUDDEUTSCHE ZEUTUNG, Serena – così si chiamava la ragazza – mi consigliò di scrivere una lettera in inglese qualificandomi come un poverino / mentecatto / bipede implume del tutto ignaro dei grandi guai del mondo. Ci riuscii splendidamente.
Dopo aver contraccambiato la sua consulenza nel redigere una lettera pietosa (che suscitasse pietà, ma proprio pietosa in sé) con una lezione improvvisata sul caro amatissimo Nietzsche, e dopo aver fatto leggere con mucho gusto la lettera anche al vecchio Li Greci, un cantautore siciliano che avrebbe suonato a breve a Berlino e che fece suonare a Settembre per tre giorni la porta d’allarme di casa mia, spedii la mail al SUDDEUTSCHE ZEUTUNG. O meglio. Creai una casella di posta elettronica fittizia, apposta per l’occasione. Ero talmente irrintracciabile che non mi ricordavo nemmeno come l’avevo chiamata. Tentai di fare login diverse volte con diversi indirizzi verosimili che la mia mente malata aveva potuto secernere, ma nada. Si può essere più stupidi? Ma, probabilmente, date le circostanze fu un colpo di genio. Neanche volendolo avrei potuto essere così completamente scemo. Un brivido che dovrei provare più spesso. Mandai la mail, e il giorno dopo, a mensa, dopo aver dribblato la fila dei carnivori per mettermi in quella dei vegetariani facendo scaccomatto all’ultimo secondo rimettendomi tra i carnivori – un trucco che fu disapprovato dal mio tavolo ungherese ispanico turco con orrore – cara Italia! – mi suonò il cellulare da un numero sconosciuto, ma non criptato. Una timida amante segreta che aveva reperito il mio numero attraverso fonti segrete! No. Una segretaria incazzata come un leone con un premolare cariato che cercava Herr Ferrari (il qui presente) e a cui risposi con un tedesco alla Novalis (anche no!) che subito, capendo (già troppo tardi!) l’antifona convertii in un inglese da hooligan depresso in astinenza dopo bastonature ripetute sulla scatola cranica. C’era un casino allucinante in mensa e non capii molto. Meglio.
Tornando a casa, provai a fare login ma non c’era modo. Creai allora una nuova casella di posta elettronica, sempre dallo stesso provider. Scrissi con questa allo SUDDEUTSCHE ZEUTUNG che non riuscivo più ad accedere alla mia vecchia casella e che confermavo quanto detto sopra. La mia dignità toccò i livelli della nazionale calcistica di San Marino. Però funzionò. Di lì a un giorno mi risposero, con una mail prestampata con cui si auguravano di avermi presto di nuovo tra i loro lettori e con cui si auspicavano che mi fossi goduto il SUDDEUTSCHE ZEUTUNG. Mai aperto, mai letto. Le cuffiette avevano già smesso di funzionare da un mese.
domenica 21 febbraio 2010
La Vale: E il rispetto dov'è??

sabato 20 febbraio 2010
The Mallard • Dedicato a tutti quelli che soffrono
Ci vorrebbe l’aria aperta
e molta meno serietà
Sotto i piedi legno
e almeno dieci anni in più
per sapere se era veramente inutile
quest’ansia che ora c’è
e mi sembra insuperabile ma…
Non importa, non importa
Io non sono onesto, nè di certo lo sei tu
Ci vorrebbe una granita al chiosco
e un milione di stipendio in più
Per sapere se… se era proprio inevitabile
quest’ansia che hai anche tu…
tu che adesso stai fingendo che… ma
Non importa, non importa
Basterebbe che… che si potesse uscire dalla
Polvere
Dimenticare questa
Polvere
Cristallizzarla e farla
Scendere...più giù
Per sapere se… se è veramente inutile
quest’ansia che anche tu…
tu che adesso stai fingendo che…ma…
Non importa… non importa più
Polvere
Dimenticare questa
Polvere
Cristallizzarla e farla
Scendere… più giù
Premiata Forneria Marconi
"Polvere"
mercoledì 17 febbraio 2010
ANDROJINN - WHEN I'VE STARTED

Ho un problema.
Da piccolo ( più o meno ) disegnavo fumetti, avevo una gran fantasia e incominciavo una miriade di storie diversissime tra loro, anche come tecnica.
Alle superiori ho incominciato ad interessarmi ad eventi, esposizioni ecc... incominciando a farne un fottio, sempre interessanti e creative.
In seguito mi sono impegnato ad far partire vari progetti, artistici e sociali.
IL PROBLEMA è che sono capace SOLO ad iniziare le cose. Mi è sempre mancata la forza e la capacità di farne un "mentre" di ogni progetto che mettevo in pratica. Così ogni cosa che ho intrapreso è morta poco dopo il nascere non perchè non valessero ma perchè non ho mai avuto la spinta ad andare oltre.
Non so perchè, forse è una carenza pedagogica, forse è pigrizia alla massima potenza.
Ho paura anche per questo piccolo progetto del blog, sono felicissimo per quello che è stato fin'ora perchè è tutto come lo immaginavo! Però adesso sono ad un punto di paralisi, il mio tipico punto di paralisi dove ho voglia e sò che cè bisogno di andare oltre con qualche nuova proposta ma non riesco. Non cè nulla che mi trascini come all'inizio.
Ci sarebbero porposte varie, tra cui tentare di trasformare il barbiere in una rivista; immaginare alcuni dei nostri post sotto forma di dialogo su un palco, quindi sotto forma di evento spettacolo; esposizioni; un vero e proprio "sito"; anche l'idea che ognuno dei partecipanti trasformi il suo intervento in un suo personale percorso!
Il Barbiere è solo una palestra di dialoghi, di cui io e voi abbiamo bisogno. ma non so qual'è il passo successivo.... non so... non so di cos'altro ho bisogno.
ANDROJINN
La Vale: "Di quell'amore che a volte fa male..."

L'amore che a volte ti trafigge il petto e ti lascia senza aria...
Le laccrime scivolano amare come la lontananza che provo ora,
come la perdita inconsapevole e veritieria di non conoscermi così bene come credevo...
Le scelte, i cambi, dolori di una vita che si impiantano nelle ossa come piccoli frantumi di vetro arrugginito e sporco che infettano l'anima...
Oggi è una di quelle giornate dove il sole non esiste...
si è perso dietro a qualche pensiero che scivola via lontano dai miei occhi perchè non trovano la luce giusta per guardarmi in faccia, idee che scivolano lontano da un amore che non posso ottenere...
da una mano che non posso sfiorare...non è mia
e non mi appartiene più quel volto...
E' sempre difficile mandare giù una delusione...è sempre difficile lottare quando sai che il tuo amore non verrà mai ricambiato...
soffrire non serve a nulla!
Ti farai solo del male se continui a pensare che.... forse... un giorno...
No, nella vita molte scelte non sono facili e digeribili,
molte scelte sono così...e molti amori non sono corrisposti..
anche se non è semplice!si sa..
E' più facile dare un bacio che dimenticarlo.
LA VALE
sabato 13 febbraio 2010
LA Vale: pensieri che...

Ecco quel giorno mi ero sentita così...
venerdì 12 febbraio 2010
La Vale: e adesso...Censurate anche la nostra voce!!!!

"Il popolo non dovrebbe temere il proprio governo, sono i governi che dovrebbero temere il popolo!"(Cit.)
giovedì 11 febbraio 2010
Giocher - APPUNTAMENTO AL CINEMA

Avatar. Il fenomeno cinematografico dell'anno era, come sempre, sulla bocca di tutti. Questa volta però fortunatamente non mi era capitato di sentire da nessuno (che l'avesse visto) il racconto dettagliato della trama, la rovina per coloro che devono ancora guardare un film uscito nelle sale già da qualche tempo. Forse nelle 2 ore e mezza di pellicola la storia si perdeva, e nessuno era riuscito a prestarne completa attenzione, magari gli speciali occhiali 3D avevano mostrato ad alcuni prescelti un mondo parallelo che a seguito di un collasso gravitazionale aveva annullato loro la memoria, o più semplicemente nessuno dei miei amici lo aveva ancora visto. Mi è andata bene. In ogni caso il grande passaparola sul film era sulle riviste, specializzate e non, già da molti mesi...diciamo che la curiosità delle nostre deboli menti era stata ancora una volta schiacciata dagli spot mediatici. Io sono stato uno di questi deboli...unitamente al fatto di capire cosa volesse dire guardare al cinema un film in 3D (tecnica, per chi non lo sapesse, che ebbe un boom già dagli anni Cinquanta), mi tentava l'idea di trovarmi davanti ad un nuovo mondo interamente ricreato con gli stessi effetti speciali della saga de Il Signore degli Anelli, la quale mi aveva lasciato nella memoria un segno indelebile in quanto a sensazioni. Per il resto, non conoscevo assolutamente la trama e la storia, se non poche righe riassuntive che mi dicevano poco e niente su un colossal di 150 minuti.
Inforcati gli occhiali, mi si presenta già da alcuni trailer il mondo del nuovo 3D. Qualcosa di assolutamente eccezionale, se si pensa che se non fosse per il nitido contorno nero dello schermo cinematografico, ti sembrerebbe di toccare, annusare, vivere in prima persona le situazioni, manco stessero svolgendosi proprio sul palco davanti a te. Un po' di fastidio agli occhi e di traballìo ogni tanto durante grandi movimenti, oltre che brevi momenti di "vertigini" in scene dotate di agorafobica profondità, queste le uniche pecche, ma credo che possano fare parte di questa nuova realtà tanto quanto i suoi pregi. Uscirò poi dalla sala molto soddisfatto.
Ho procurato al post una volontaria elisione temporale, perché naturalmente non voglio svelare il film a chi non l'ha ancora visto. Posso solo dirvi, se potete, di guardarlo senza timore di rimanerne delusi. A prescindere da un fondo immancabile ma non fastidioso di americanata (non parlo degli effetti speciali al limite della perfezione, ma del motivo per cui i militari si trovano su Pandora, il pianeta dove si svolge Avatar), la costruzione ex novo per la pellicola di tutta la flora, la fauna, la popolazione, gli usi e costumi di coloro che abitano Pandora sono qualcosa di indescrivibile. Sopra a tutte, mi ha toccato profondamente la sacralità che unisce gli indigeni Na'vi e ogni forma vivente, che sia animale o vegetale, intorno ad essi...un contatto con la natura che diventa ricco di significato profondo e ancestrale nel momento in cui uniscono i loro spiriti attraverso speciali organi, creando un'interminabile e rete di comunicazione mentale e spirituale tra tutti gli esseri viventi, in un'estrema pace dei sensi. Tutto ciò mi ha fatto sentire parte di quel mondo, dal primo istante. Probabilmente perché hanno creato l'esistenza ideale che a molti farebbe piacere poter ammirare e vivere, invece della miriade di schifezze che ormai siamo abituati a vedere. Anche la morale del film è qualcosa di già sentito, se non utopistico...però, con un ambiente come quello, vale la pena di vivere un sogno di 2 ore e mezza, una volta ogni tanto. E anche ricordare metaforicamente a cosa si potrebbe arrivare, più in fretta di ciò che si crede, alla fine di tutto per colpa dell'insaziabile parassita chiamato comunemente uomo.
Dopotutto, si tende a pensare che il pianeta ci appartenga...pochi arrivano a capire che siamo noi ad appartenere ad esso.
Buona visione.
Giocher
The Mallard • L'uomo è...
Amélie_ Sono un evaso, anzi un'evasa
appena nato
mi chiusero in me,
sì, ma io fuggii.
Se la gente si stanca
dello stesso luogo,
dello stesso essere
perché non stancarsi?
La mia anima mi cerca
ma io sono alla macchia.
Speriamo che essa
mai mi trovi.
Essere uno è prigione.
Essere io è non essere.
Vivrò fuggendo
ma vivrò davvero."
Fernando Pessoa
mercoledì 10 febbraio 2010
la Vale: QUANDO I SOGNI VENGONO DISTRUTTI

20 LUGLIO 2001 Piazza Alimonda...
per NON dimenticare...
ogni volta che rivedo le immagini della manifestazione contro il vertice dei potenti il g8 a Genova ..non riesco a non provare una rabbia lancinante!
quella di essere IMPOTENTE di non poter fare nulla...se non quella di incazzarmi per tutte le ingiustizie le barbarie, le botte che hanno subito in modo ingiusto e raccapricciante troppe persone che avevano mani alzate in segno di "non -violenza".... ma la rabbia e l'odio di quelle forze armate non guarda in faccia a nessuno..
Carlo è stata una vittima...ingiusta..
un uccisione per mano dello Stato...ma non è stata purtroppo ne la prima ne l'ultima condanna a morte inferta dalla mano di chi ha una divisa...
21 LUGLIO 2001 PESTAGGI ALLA SCUOLA DIAZ
rabbrividisco ogni volta...
e non ci sono parole...
e adesso...cosa rimane?
Vorrei solo lasciare un Segno ....
vorrei solo poter Manifestare in modo Libero la mia Idea...
vorrei solo Urlare al Mondo che i potenti stanno Sbagliando...
vorrei solo Cantare e Ballare nelle piazze con una bandiera Arcobaleno e un simbolo di Pace...
vorrei che NON ci fossero più guerre ingiuste...
vorrei un mondo senza Barriere Odio e Sfruttamento, senza xenofobia e Omofobia...
vorrei vorrei...
ma Non posso perchè se provo solo a mettermi CONTRO verrò picchiata, umiliata, arrestata, forse se mi va bene da quella prigione uscirò viva.... forse...
ma evviva siamo in Democrazia...certo.... l'importante è credere.......
Vi lascio con questa canzone.... occhi e cuore per ascoltarla:
http://www.youtube.com/watch?v=z45x-JwgYMw&feature=related
LA VALE
martedì 9 febbraio 2010
Ross: ACCEZIONI- In relazione al post di Vale:"Bello avere la pappa pronta"
Oggi come oggi siamo abitudine.
se noi siamo padroni della nostra evoluzione, essa è padrona della propria.
Amore odierno. Rapporto nato da attrazione di tipo specificabile e non:
Attrazione fisica: materializzazione del desiderio di contatto umano.
Attrazione mentale: contestualizzazione della mancanza di stimoli in base alle nostre potenzialità.
Amore: rapporto naturale con mondo, tempo e anime.
La Vale: "bello avere la pappa pronta!"

lunedì 8 febbraio 2010
The Mallard • Don’t Try So Hard

A 16 anni queste parole mi scivolavano via...
...ieri sera invece ho pianto.
If you’re searching out for something -
Don’t try so hard
If you’re feeling kinda nothing -
Don’t try so hard
When your problems seem like mountains
You feel the need to find some answers
You can leave them for another day
Don’t try so hard
But if you fall and take a tumble -
It won’t be far
If you fail you mustn’t grumble -
Thank your lucky stars
Just savour every mouthful
And treasure every moment
When the storms are raging round you
Stay right where you are
Don’t try so hard
Oooh don’t take it all to heart
It’s only fools they make these rules
Don’t try so hard
One day you’ll be a sergeant major
Oh you’ll be so proud
Screaming out your bloody orders
Hey but not too loud
Polish all your shiny buttons
Dressed as lamb instead of mutton
But you never had to try
To stand out from the crowd
Oh what a beautiful world
Is this the life for me
Oh what a beautiful world
It’s the simple life for me
Oh don’t try so hard
Oh don’t take it all to heart
Its only fools - they make these rules
Don’t try so hard
Don’t try so hard
"Don't Try So Hard"
Queen
Innuendo - 1991
The Mallard
domenica 7 febbraio 2010
sabato 6 febbraio 2010
La Vale: "... chi non è "matto" scagli la prima pietra"...

« La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d'essere »
(Franco Basaglia)
mercoledì 3 febbraio 2010
La Vale: SBARRE e Odio...

Una nota negativa deve poter servire per rilanciare la propria idea e scagliarla contro quei muri distruggendoli del tutto...sgretolando il loro odio che viene intriso nell'aria che sa di muffa ... non bisogna tenerla stretta fra le mani quell'idea di coraggio...perchè il sangue macchia e lascia un debole segno che cogliamo solo noi....ma tutti gli altri dormono sonni tranquilli..
La Vale
martedì 2 febbraio 2010
The Mallard • Facciamo tutto per...

Ti sei saziato? Bene, ora l'istinto per un po' riposerà.
...del tutto.
The Mallard
lunedì 1 febbraio 2010
La Vale: BASTA SPRECHI ... BASTA RAZZISMO

Coccia / Io e Magda
Magda è stata una delle prime ragazze che ho conosciuto a Tubinga. Magda è stata una delle pochissime persone per cui potessi dire che fosse, qui, indubbiamente ‘strana’. Magda parlava un tedesco velocissimo e farfugliato, che in chiunque altro avrebbe dato tutta l’impressione del parlare a scatti nevroticamente, ma in lei non era affatto così. Magda studiava filosofia. Precisamente, faceva il dottorato su una mistica di area tedesca (credo) del duecento, tale Ildegarda di Binga. Magda era letteralmente una ispirata. Il suo parlare così veloce ti travolgeva letteralmente. Era incomprensibile ai più. Parlava volentieri, ma, stante il mio tedesco nullo dei primi tempi, non capivo quasi nulla di quello che diceva. Una volta provai a dirle ‘ich habe nicht verstanden’, non ho capito, e lei pareva essersi offesa. Non glielo dissi più. Però i primi tempi andava che lei mi parlava, per minuti e minuti, e io molto volte davo dei cenni di assenso. Mi sarebbe interessato sapere quello che stava dicendo, ma era letteralmente impossibile accedere alle parole che una dopo l’altra infilava quasi rapita, quasi posseduta nel pronunciarle. Qualche mese dopo, Giacomo mi disse che Magda infilava anche un errore dietro l’altro nel suo tedesco, e io me ne stupii. Non sapeva l’inglese. Un mio amico italiano, venuto a trovarmi a Tubinga, tentò di allacciare una conversazione con lei. Lei le chiese se lui sapesse il tedesco, e lui lo sapeva quanto bastava per dirle che non lo sapevo. Lui allora le chiese se lei sapesse l’inglese. Lei lo sapeva quanto bastava per dirgli che non lo sapeva.
Magda era infinitamente gioiosa. Il suo modo di parlare era la migliore metafora per descriverla. Trasudava un entusiasmo sconvolgente, forse, più che coinvolgente. Era un vero e proprio terremoto interiore, come l’avevamo simpaticamente apostrofata. Aveva lunghi capelli castani, occhi azzurri, ed era sempre pronta a sorridere. Sarà banale, ma pareva davvero provenire da un’altra epoca, da qualcosa di totalmente rurale, o di totalmente remoto. Emanava bontà. Di fatto, parlava spesso di energia delle persone, per non dire delle pietre. Mi disse che ero buono, e credo di capire cosa intendesse. Era vegetariana. I primi tempi fummo molte volte sul punto di stringere amicizia, ma confesso che ne avevo quasi paura. Ripeto, era sconvolgente. La gente della mia classe del primo corso di tedesco, che risale ormai a settembre, la considerava una bizzarria della natura e di fatto la escludeva. Ma così in verità non era, perché Magda aveva visto prima. Guardava altrove. Un ragazzo di Savona trapiantato a Milano, Thomas, il tipico tamarro italiano, in realtà anche molto tenero, ma di fatto anche alquanto tamarro, era il suo coinquilino, e diceva di evitarla come la peste. Ne soffrii. Ricordo i primissimi giorni a Tubinga. Eravamo al Burger AMT, a discapito del nome, non un fast food, ma un ufficio comunale. Dovevamo fare tutti pratiche burocratiche. Lei era praticamente sola, era qualcosa di totalmente altro. Io mi avvicinai, e parlammo. Lei stava leggendo Lévinas. Io le dissi che stavo leggendo Buber, e che era l’autore della mia tesi. All’epoca la tesi andava molto male, avevo iniziato da poco le letture, ed ogni giorno era un vero e proprio naufragio. Magda conosceva Buber, e mi disse che aveva trovato un suo libro qui, a poco prezzo. Forse, una sua biografia. Purtroppo, come sempre non capii molto. Ma trovare qualcuno interessato a Buber a Tubinga confermava la mia teoria delle monoporzioni, che ogni persona qui incontrata poteva rappresentare un piccolo angolo della mia vita. Tutte insieme formavano la totalità di quanto mi potesse caratterizzare, e ognuna, singola, era per me un lato di me che potevo ri-trovare. Queste considerazioni nascevano in mesi di spaesamento totale. Credo che con Magda avremmo potuto andare davvero d’accordo. Io volevo imparare tantissimo, ero ossessionato dall’accrescere la mia esperienza di vita. Al contrario, fui gettato nel primo mese insieme a persone per nulla cattive, ma ben disposte soprattutto per calcio e partys. Magda poteva essere un altro inizio. Tuttavia, quando lei mi chiese il mio numero di telefono, finsi quasi di non capire. Questo non mi fa onore, ma è davvero andata così.
Quando la incontravo nella biblioteca universitaria, io e Magda imparammo a salutarci con affetto. Anzi, quello che imparò fui io. Lei aveva già imparato. Mi veniva incontro, e ci abbracciavamo. Sentivo qualcosa di infinitamente buono provenire da lei, qualcosa di completamente innocente. Ma anche a distanza di mesi, quando parlava facevo una fatica boia a capirla. Era una dinamica davvero strana, tutta basata, se vogliamo, su sensazioni che precedono o trascendono la linguisticità. Quasi come due animale che si fiutano e si (ri)conoscono. Forse eravamo due bestie non tanto diverse, e lei aveva semplicemente raggiunto un livello totale di interezza e unificazione del proprio sentire. Emetteva davvero luce. La sua non sembrava semplicemente felicità, ma qualcosa di più intenso. Per nulla simile alla quiete, eran piuttosto scintille guizzanti di vita. Quando la incontrai a ottobre nel dipartimento di filosofia, bisognava scegliere i corsi da seguire, lei diceva con gioia che ne seguiva uno fino alle dieci di sera. Ultimamente, mi diceva, dormiva tre ore per notte. La vita non poteva aspettare. Ricordo, recentemente, mi trovavo alla biblioteca universitaria. Decisi di andare a mensa, ma non c’era nessuno che conoscessi. Arrivò Magda, aveva già mangiato, stava per andarsene. Mi ricordo ancora adesso la sua domanda: ‘mangi veloce?’. Chi mi conosce, sa che la risposta è decisamente affermativa. C’era il sole, che filtrava attraverso le finestre del grosso casermone di plastica e metallo della mensa. Ma con Magda un momento del genere poteva diventare immediatamente religioso. Parlammo di Buber, le spiegai l’intuizione buberiana per cui Dio si incontra in ogni incontro. Era come se avessi decifrato il segreto della sua vita, mi parve di capire. Dopo aver finito i miei cannelloni, ed avermi lei aiutato con l’insalata che puntualmente scartavo, le mostrai in biblioteca l’antologia di mistica di Buber, Confessioni estatiche. Era un libro bianco con incisa una scritta d’oro ‘Ekstasis.’ Aveva un che di evocativo. E c’era, soprattutto, la sua Ildegarda di Binga. Magda ne era entusiasta, non finiva più di ringraziarmi.
Il giorno dopo, mi chiese fino a quando sarei rimasto in Erasmus. Le risposi, fino a fine maggio. Mi chiese se mi piaceva andare in bicicletta, le risposi di sì (anche se erano anni che non lo facevo). Voleva regalarmi la sua bici. Qui a Tubinga ci sono migliaia di bici. Gli studenti le comprano e le rivendono, e nessuno spende mai più di trenta euro. Ma il fatto che volesse regalarla, diceva tutto di Magda. E a me. Mi sentivo destinatario di un qualcosa di importante. Sentivo di averle lasciato qualcosa, forse quell’ ‘essere buono’ di cui parlavo, anzi, parlava.
Tornai in Italia una settimana. Sapendo che era vegetariana, chiesi a mia madre di preparare un po’ di pesto per lei. Quando tornai su a Tubinga, un venerdì di fine gennaio, la sera stessa, lei faceva qualcosa nella sua cucina. Ero stanco morto, ma volli assolutamente andarci. Le portai il pesto. Lei mi disse che l’avrebbe mangiato con sua madre e sua sorella. Non fece menzione del padre, chissà. In questo suo implicito tacere, d’un tratto pensai che Magda, come tutti noi, oltre alla sua sovraumana energia aveva i suoi cancri segreti, i suoi anelli che non tengono, punti senza luce. Eppure, sembrava averli trascesi nel suo sorridere mai ebete e sempre ispirato, e nelle sue domande come: ‘vuoi mica lavarti le mani?’
Magda. Adesso sta per partire. È la prima volta che scrivo per un amico di Erasmus in partenza, sebbene, in realtà con lei non abbiamo mai stretto un rapporto esplicitamente forte. Era totalmente episodico, ma dire questo non rende la nature delle cose. Era eventuale, come un evento che non aspetta niente e nessuno, ma, semplicemente, a chi abbia orecchie e cuore per intendere, accade.