mercoledì 5 maggio 2010

The Mallard • Borrowed Heaven


La felicità è solo presa in prestito, diceva qualcuno. Capita che, dopo aver attraversato stati emotivi e/o fisici di grande malessere, ci sia una percezione molto più rispettosa, e nello stesso tempo di tangibile precarietà, verso le zone meno grigie, se non celesti, del nostro cielo. Oppure che, nel peggiore dei casi, per il troppo dolore e senso di ingiustizia, si somatizzi, al contrario, col nichilismo.
Nello spazio e nel tempo, “rimarrai sorpreso di quanto in fretta potrà cambiare il tempo” (come diceva una canzone dei Magic Pie).

Mi sento un po’ il contrario di Nietzsche quando si sente autorizzato a seguire il suo daemon in tutto e per tutto, anche, e direi soprattutto, quando sancisce che anche la cattiveria e la violenza, assieme alle altre azioni dell’uomo considerate “buone”, servirebbe alla preservazione della specie umana (vedi la parte iniziale de “La Gaia Scienza”, anche se poi, molto più in là nella sua vita, giustificherà col “non aver mai avuto scelta” nel seguire il suo daemon – Nietzsche è molto onesto con se stesso e col lettore non nascondendo la sua contraddittorietà, quindi ha sempre ragione, ma anche sempre torto).

Mi sento invece, al contrario, come se dovessi stare sempre attento al minuto, al secondo successivo che potrebbe rivelarsi nella perdita di un benessere momentaneo, come se non mi fosse mai concesso uno spiraglio di presunzione dell’immutabilità della mia potenza.
Ma non sempre questo mi paralizza nel terrore: dopo i primi brutti istanti, spesso si tramuta in un’empatia, in una comprensione immediata del disagio dell’altro ed in una percezione dei suoi cieli stellati e delle sue miserie, come fossero mie.

Sento la necessità quindi di non tener tutto per me quel poco di benessere psicofisico che ho, quasi per scaramanzia e per religiosa gratitudine, anche se trovo spesso solo persone travestite da “adulte”, intrise fino all’osso del “Non voglio aiuto se non te lo chiedo.” e del “Ma che cazzo vuole questo che non mi conosce?!”.

Fraintendimento quasi immediato e apodittico, nel linguaggio interpretativo d’oggi.

In realtà, molto probabilmente, nessuno è in grado di aiutare nessuno (prendendo delle azioni pratiche che danno un risultato tangibile), perlomeno in certi ambiti troppo specifici di sofferenza abissale; neanch’io pretendo o presumo di esserne in grado, ma almeno si può condividere, si può parlare (o a volte non parlare, basta altro) e comprendere insieme i sentieri che a volte abbiamo la fortuna o la disgrazia di imboccare (com-prendere = percepire, “captare” assieme).

Un ascolto empatico e NON interpretativo, riuscendo a spostare il focus dell’attenzione (che normalmente affetta l’analisi critico-estetica dei mezzi espositivi, che sono, per forza, oggettivanti - Jaspers) direttamente verso l’essenza del concetto, verso la sensazione provata dall’altro, quasi senza mediazione. In questo modo, non esisterà più scissione osservatore-osservato, necessaria all’analisi, ma deleteria per essere un tutt’uno, per vivere quei pochi momenti senza lo sforzo della mente (Krishnamurti) e senza la sofferenza del cuore.

Dritti (o meno), (ma) sempre VERSO l’essenza, la trascendenza NELL’essere, che, seppur non si lascerà mai cogliere (perché sarà sempre fugace e indefinibile, non catalogabile, l’unica cosa non oggettivabile, non imbrigliabile in un pensiero), almeno sarà appena percettibile nel naufragio di ogni analisi.

È quasi un’intuizione, effimera certo, ma, per un istante, riesce ad essere omnicomprensiva, omniabbracciante.

Il nostro buon amico atomo è certo giusto che reagisca con gli altri per lo più solo per il suo guscio esterno, che si relazionino tra loro e si fondano parzialmente solo gli orbitali esterni….si sa che, invece, se interagissero i nuclei, l’energia sprigionata sarebbe molto maggiore, di diversi ordini di grandezza (secondo la nota relazione E=mc^2).
Ma nel nucleo degli atomi risiede anche l’energia che fa vivere il sole, le stelle (e quindi noi). Non è sempre distruttiva. È solo molto molto più grande, questo si.

Così le persone, secondo me, dovrebbero si tener racchiuso in difesa il loro nucleo: è molto spaventosa l’energia e grande il pericolo nel gestirla se venisse messa in gioco. Ma questo stato difensivo, non dovrebbe essere mantenuto sempre e per sempre, tenendo presente che difficilmente si potrebbe sopravvivere alla vita se in tutte le relazioni non si ricercasse, almeno per pochi momenti al dì, una situazione di momentaneo conforto, di “sentirsi al sicuro”, dalla quale partire per indebolire per un istante il campo di forze repulsive attorno al nucleo, per poterlo far interagire, almeno farne vedere appena la propria natura, anche solo in trasparenza, attraverso la nuvola di particelle di luce.
The Mallard

10 commenti:

  1. Ps. Anche il titolo del post l'ho preso da una canzone.
    "Borrowed Heaven" = "Paradiso in prestito"

    Buona lettura!

    :)

    The Mallard

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  2. Eh, non è mai semplice capire l'altro che ci sta difronte...!
    molte volte non riusciamo a trovare "il lato comunicativo" empatico che ci permette di fidarsi,di lasciarsi andare al trasporto del nostro interlocutore dinanzi a noi..
    Molto spesso ci costruiamo dei muri attorno per protezione, perchè abbiamo sofferto in passato e non ci fidiamo più così si rimane nello stato "orgoglioso" di non chiedere aiuto a nessuno e pensiamo "tanto dai "guai" ci si tira da soli fuori"...

    .. la psicologia è complessa e varia in ognuno di noi un pò come le interazioni sociali che si vanno a creare...

    Tante volte mi immagino discorsi e discorsi nella mia mente che farò a determinate persone...immaginando una situazione perfetta che nella realtà non si verrà mai a creare, perchè è la dimensione rappresentativa che poi impatterà con la dimensione reale...e in quest'ultima occorre tenere conto delle variabili "timidezza, imbarazzo, non so cosa dire, oddio da dove inizio...a poi silenzio "

    Possiamo anche aprirci e raccontare ad un amico i nostri problemi e poi renderci conto di essere derisi o non ascoltati, perchè si sa che l'egoismo è forte anche in amicizia, per cui spesso accentriamo solo i nostri problemoni esistenziali e quelli degli altri a nostro parere risultano "cavolate" per cui si annuisce e via...

    La cosa migliore da fare quindi sarebbe cmq cercare di aprirsi con gli altri e parlare...oppure no?
    ci sono tante risposte,
    la risposta forse la troveremo solo in ognuno di noi in modo differente...
    ci si può provare a parlare e a raccontare di noi e dei nostri problemi... ma se non si sente quel filing emotivo a pelle quell'empatia mentale che ci rassicura secondo me non riusciremo mai ad aprirci come vorremmo con l'altro, il nostro "nucleo" come dicevi è talmente prezioso che ci fidiamo solo di pochissimi che se si ha la fortuna di incontrare forse riusciranno a tirare fuori il nostro sole!

    LA VALE

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  3. Cito a braccio un concetto trovato nel libro di Don Gallo "così in terra come in cielo" : La paura è un nemico terribile sopratutto degli ultimi, dei tossici, dei disadattati, ma è anche la loro fortuna. Chi conosce la PAURA può trovare CORAGGIO perchè esso è il rovescio della medaglia.
    Stesso discorso per la tristezza. Io ho sempre trovato la felicità rovesciando le medaglie delle dificoltà, delle disgrazie, delle delusioni.
    Un'altro bel concetto che non ricordo più dove l'ho sentito (forse sempre in ambito clericale :P) ve lo suggerisco con un esempio: Se la tua famiglia è sfasciata pregheresti perchè si sistemi tutto o per AVERE LA POSSIBILITà di sistemare tutto? le difficoltà sono possibilità di risolverle, no?
    Anche l'incomprensione è una difficoltà quindi essa è una strepitosa opportunità per parlarne :)

    ANDROJINN

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  4. l'incomprensione è un'occasione strepitosa per parlare se non subentra l'orgoglio...che crea i muri per cui non ci si parla alla fine..

    LA VALE

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  5. Si analizza anche il caratteraccio delle persone e lo si mette in gioco a seconda dei risultati che si vuole ottenere. Le stesse persone sono poligoni dalle mille sfaccettature, acnhe tu. è sbagliato a mio avviso condannare una persona per il suo carattere quando è d'ostacolo a qualche scopo d'altri; se una persona è tanto orgogliosa da non voler sfruttare le occasioni di dialogo PACE ALL'ANIMA SUA, avrà le sue buone ragioni per evitare.

    ANDROJINN

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  6. Proprio lì sta il punto: il partire con una situazione di "sicurezza" e di "conforto" (di feeling a pelle) che possiamo trovare nell'altro, come punto di partenza per poi aprirsi. Il cercarsela anche un po’ questa situazione.
    Conviene farlo con persone che non hanno potere sui tuoi pilastri fondamentali per sopravvivere (lavoro, studio, famiglia, amici...amici, si, non “conoscenti”…). Io stesso sono molto vigliacco in questo: finora, comparti quasi stagni tra le varie sfere della mia vita.

    Ma il problema è che molte persone non riescono ad aprirsi neanche con quelle che non c'entrano nulla e che non avrebbero le leve per intaccare nulla a cui si tiene, e con le quali magari ci si trova bene e si sente (oltre il conforto, la sicurezza, la naturalezza) quel "feeling" tanto ambito.

    Divagazione - (odio questa parola “feeling”, non so perché, mi fa venire l'orticaria....sempre meglio della tremenda parola "complicità"...ragazzi, lo so, sono parole bellissime, ma mi fanno venire l'allergia!!!) – chiusa divagazione.

    E allora perché in una situazione così idilliaca in cui tutta la checklist delle sicurezze, del fidarsi, del "non aver modo di temere" è spuntata, essendo cioè in una (senza presunzione) "botte de fero", comunque, non si riesce a comunicare?

    Il punto sta proprio come dice Vale nel fatto che in quel momento COMUNQUE parte il cervellino con una serie di voli pindarici sul “cosa si dovrebbe fare”, sull’ “essere adeguati”, sul “dirla bene sennò fraintende”. Tutto questo parte al 90% dalle sfighe, dalle facciate prese, dalle delusioni (dalle aspettative non corrisposte) del passato; l’altro 10%, sempre derivato dalla sofferenza del passato, risiede nella non fiducia di trovare la persona che ti risolve il problema. Siamo forse troppo pretenziosi: se non riusciamo a far nulla né noi né gli altri, almeno parliamo con quelli che ci conferiscono serenità. Vi assicuro che aiuta.

    Come liberarsi da questo “show-stopper” del passato? Una proposta, potrebbe essere, attraverso la mente non interpretativa (so che ognuno ha i suoi modi, ma meglio fare degli esempi: io porto questo, ma sono apertissimo ad altri percorsi).

    Le uniche domande da porsi, a mio avviso, prima di fare una cosa “extralavorativa” sono:

    1) È legale?
    2) Potrebbe questa situazione portarmi oggi o in futuro uno svantaggio?

    Se la risposta è NO, apriamoci!! Cerchiamo di non aver paura, non ne dobbiamo avere e non interpretiamo la parlantina snervante dei fantasmi della nostra mente. Andiamo oltre l’interpretazione grammaticale / simbolica delle parole dell’altro, dritti verso la sua essenza. Faremo un’opera molto onesta nei suoi confronti e si sentirà più libero con noi. Si genererà, almeno per un attimo, più fiducia, più benessere, più conforto.

    So che è molto difficile, ma buttiamoci in questo buio almeno qualche volta.

    Il problema (lo so perché sono uno dei primi paurosi in questo settore) è che rimaniamo bloccati perché alla seconda domanda non è quasi mai possibile rispondere con un “no”.

    The Mallard

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  7. Caro de Mallard, ma avrai mica sbirciato sotto la moneta della tua paventata vigliaccheria? Non c'avrai mica trovato il coraggio? :D
    Mi hai stupito con il tuo "APRIAMOCI", veramente. Non me lo aspettavo.

    sono contentissimo per te :)

    ANDROJINN

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  8. il problema è che spesso anche se ci APRIAMO l'altro/a se ne sbatte e via...

    LA VALE

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  9. In effetti Vale, spesso, purtroppo, succede proprio così.

    L’ho sempre considerato uno dei principali drammi: è proprio nel momento del reale bisogno che uno ne trova meno.

    Un po’ per il fatto di tenersi tutto dentro, anche nelle situazioni di “sicurezza” (ampiamente descritte prima), un po’ perché spesso l’altro fugge impazzito o perché non capisce, non percepisce fino in fondo la sofferenza (in questi casi si generano quelle situazioni di non-rispetto descritte da Vale, l’essere considerati “matti”, o, peggio, trovare chi ti strumentalizza il dolore spiattellandolo al “nemico” e schiacciandoti ancor di più), un po’ perché alcuni, non riuscendo a gestire neanche i loro di problemi, pensano a maggior ragione di non aver neanche energie per aiutare gli altri.

    Ma, attraverso il dolore (e qui rispondo ad Androjin), penso di aver capito innanzi tutto la presunzione, che rasenta il delirio di onnipotenza, della convinzione di potercela fare sempre e comunque da solo. E che chiunque potenzialmente potrebbe almeno per un poco e seppur per poco tempo alleviare qualche sofferenza. È chiaro che non si vuole rischiare, che l’altro che vorremmo aiutare spesso ci ripaghi con la moneta contraria (quante volte è successo), ma questo solo perché, erroneamente, PRETENDIAMO dall’altro, se non riconoscenza, almeno che non ci faccia male. Invece chi sta male spesso è una bomba esplosiva. Ci vuole sicuramente coraggio ad avvicinarsi, ci vuole il coraggio di perdere anche la propria di serenità, ci vuole il coraggio di imbarcarsi in situazioni di tribolazione. Però questo è l’unico modo e dobbiamo affiancarlo alla non pretesa di ricompensa.

    Secondo voi nostra madre pretendeva che il suo amore fosse ricambiato quando eravamo piccoli sgorbietti che smerdavamo i pannolini? E lei, invece, con infinita pazienza, continuava ad amarci ed a non pretendere.

    Se non si è sul campo di battaglia (es. la professione), vogliamo tentare di far cadere almeno qualche maschera? Per provare! Pian piano…questo si che sarebbe un “passare ai fatti”!

    E cerchiamo di non convincerci che, se stiamo male, non possiamo comunque avere energie per l’altro.

    Una carta può stare in piedi da sola? No. Due appoggiate ci stanno.

    The Mallard

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  10. beh si hai ragione Mallard,
    ma non è semplice con pochi si trova davvero la serenità con cui parlare esprimersi DI TUTTO...
    e proprio con quelli con cui vorresti aprirti e piangere a dirotto sulla sua spalla, non puoi perchè l'altro ti respinge!
    e tutta questa sofferenza da dove proviene?
    dall'anima?
    dalla paura di amare troppo di soffrire troppo?
    dalla paura di non capire ?
    o forse testardaggine e non voglia di mettersi a confronto con una testa opposta alla nostra?

    sembrano domande banali e forse un pò campate all'aria.
    .ma non vi è mai capitato di voler pretendere "qualcosa" da una persona che ci ignora e non ci considera?
    bisogno di sfogarsi proprio cn la persona che ci mostra disinteresse all'enesima potenza, ma che per la nostra rappresentazione INTERNA è la persona più ADATTA quella da cui vorremmo conforto magari solo un abbraccio...il pagliativo, la coperta di Linus, il bicchiere di latte, la mano che ferma una laccrima, colui con cui possiamo avvolgere le nostre paure, riporre i nostri sogni e addormentarci come dei bambini sulla spalla della persona che tanto odiamo perchè non ci considera e ci respinge e reputiamo fredda e distaccata ma da cui vorremmo solo affetto e protezione...!!!

    sarò forse pazza...però vorrei ciò che si sfuma tra le mani e tra i pensieri come carta bagnata dopo la pioggia..

    LA VALE

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